domenica 19 dicembre 2010

Porto Venere incontra Madre Natura 8 12 2010




Foto e video realizzati da: Ivano Paolo Todde
















"A causa della vita dissoluta del padre, il capitano John Byron, detto "Mad Jack" ("Jack il Matto"), trascorse l'infanzia ad Aberdeen, in Scozia, presso la madre Catherine Gordon of Gight, in ristrettezze economiche. Qui nacque in lui l'ammirazione per il paesaggio marittimo e montano, e la fede calvinista nella predestinazione della colpa. Cominciò a scrivere versi dodicenne, a causa dell'infatuazione per una cugina. Un'altra parente lasciò nel suo spirito tracce indelebili. [...] Byron rientrò in Gran Bretagna nel luglio 1811, ma non riuscì ad assistere la madre malata che morì prima che il figlio potesse raggiungerla.
Presto si mise in luce per i suoi discorsi, tra cui quello famoso contro la repressione del luddismo del 1812. Apice del suo periodo londinese fu la relazione con Lady Caroline Lamb, la dama più ammirata del momento. L'anno seguente sposa Annabella Milbanke, un'ereditiera dedita a studi di matematica. Dall'improbabile unione, naufragata ben presto, Byron si attendeva forse una sistemazione sociale duratura. Ma già nel 1816, benché padre di Augusta Ada, vide la moglie e la figlia abbandonare la sua casa, sotto l'ombra di fondatissimi sospetti di una relazione incestuosa con Augusta Leigh, figlia di un precedente matrimonio del padre, di cui qualcuno disse fu portata sotto i riflettori per tacitare un'altrettanto fondata accusa di rapporti omosessuali.
Costretto dallo scandalo all'esilio, il 24 aprile 1816 lasciò per sempre l'Inghilterra.
durante il soggiorno in Svizzera nasce una bambina, Allegra, nel gennaio del 1817: Byron la mise nel convento di Bagnacavallo, in Romagna, in cui morì giovanissima.
Visita il
Castello di Chillon, dove lascia graffito il suo nome. A Venezia conobbe la diciottenne Teresa Gamba Ghiselli, moglie del ricco e sessantenne ravennate Alessandro Guiccioli: Teresa divenne la sua amante e Byron si trasferì a Ravenna. Fece anche un viaggio a Ferrara e visitò la Cella del Tasso dove si fece rinchiudere e dove scrisse Il lamento del Tasso.
Nel 1822 trascorre un periodo a Porto Venere dove si dedica allo scrivere e alla pratica del nuoto di cui è appassionato cultore. Secondo un aneddoto avrebbe addirittura attraversato a nuoto il golfo, nuotando per otto chilometri fino a San Terenzo, per andare a trovare i coniugi Shelley, che già aveva incontrato a Ginevra".
http://it.wikipedia.org/wiki/George_Gordon_Byron


Foto presa da   Foto di Spezzino vero:
 



sabato 18 dicembre 2010

Da Lucchio a Pavana - alla fallimentare ricerca del Mitico Guccini 11 12 2010


Lucchio (670 metri s.l.m.) è un paese poco conosciuto ma molto bello e suggestivo, anche perché ha mantenuto integra l’originaria struttura medievale. E’ un agglomerato urbano “aggrappato” alla roccia, costituito da case alte e strette molto vicine fra loro, sormontate da un’antica fortezza che, secoli fa, rappresentò un punto strategico per il controllo della strada di comunicazione a fondovalle. E’ circondato da monti più alti la cui vegetazione è composta in prevalenza da castagneti. La nascita del paese può essere fatta risalire intorno all’anno Mille, e la sua storia, nonché la sua popolazione, sono sempre state legate alla fortezza. In passato la popolazione era molto numerosa, ma dopo che la fortezza perse ogni funzione di difesa, il numero degli abitanti cominciò a scemare sempre più, raggiungendo ai nostri giorni la quota di circa 60 anime. Durante il periodo estivo però, il paese si ripopola grazie al ritorno degli abitanti emigrati e ai turisti in villeggiatura.
http://www.borghitoscani.com/comune/lucchio.htm

 Lucchio

Il Patriarca.
Mille anni certificati.

venerdì 17 dicembre 2010

Appuntamento col Diavolo 11 12 2010

Il Ponte del Diavolo. E' comunemente chiamato "Ponte del Diavolo", in forza di una leggenda popolare della zona, rinforzata dall'aspetto "scombinato" del ponte che posa sopra quattro piloni e tre arcate asimmetriche. L'arcata centrale sporge acutissima, formando una parabola talmente alta e ampia che la sua solidità sembra una sfida alla legge di gravità. Ha resistito nei secoli a innumerevoli piene e, ancora oggi, la "schiena d'asino" dello spettacolare ponte è percorribile a piedi su una stretta carreggiata.  A sostegno delle origini infernali del ponte, c'è anche il fatto che, nonostante studi e ricerche, mantiene ancora ben segreta la propria data di origine, al punto che alcuni studiosi lo fanno risalire all'XI° secolo.

La leggenda. Il sinistro nome di ponte del diavolo è dovuto a una leggenda che ci rimanda alla sua costruzione: "C'era una volta, in un borgo sulle rive del Serchio, un bravo capomastro al quale gli abitanti del paese si erano rivolti per fare costruire un ponte che collegasse i due borghi divisi dal fiume.  L'abile capomastro si mise subito all'opera, continuò a lavorare giorno e notte, pur di finire il ponte per il giorno stabilito, ma ben presto vide che il lavoro non procedeva e, al contrario, i giorni passavano veloci. Il capomastro, resosi conto che non avrebbe completato il ponte per la scadenza prevista, cadde nel più profondo sconforto e nella disperazione.  Ma una sera, mentre sedeva da solo sulla sponda del Serchio a guardare il lavoro, pensando al disonore che avrebbe subito per non aver terminato il ponte in tempo utile, gli apparve il diavolo a proporre un patto. Il maligno avrebbe terminato il ponte in una sola notte, ma ad una condizione: avrebbe preso la prima anima che avesse attraversato il ponte. Il patto fu siglato e, in una sola notte il diavolo, con la sua forca sollevò la grande campata del ponte. La gente stupefatta e incredula andò a complimentarsi con il bravo artigiano il quale raccomandò di non oltrepassare il ponte prima che il sole fosse tramontato. Intanto montò sul suo cavallo e si diresse, un po' preoccupato, in città per consultarsi con San Frediano. Il santo gli disse di lasciare che il Diavolo prendesse l'anima del primo che avrebbe attraversato il ponte, ma di aver premura che il primo ad attraversare il ponte fosse un… maiale. Così fu fatto e il giorno successivo  fece attraversare per primo il ponte alla bestia.  La leggenda vuole che il diavolo, inferocito per la beffa, si gettò giù dal ponte nelle acque del Serchio, inondando da allora le terre e perseguiando, nei secoli, quanti salivano sul ponte,  a tal diabolico fine assumendo le più svariate forme animali, di preferenza gatti neri e cani.....
http://www.fototoscana.it/mostra-flash.asp?nomeflash=c001

Mito della Caverna - Ivano, Gianni e Nicola filosofeggiano sul Ponte sospeso della vita 11 12 2010

Mito della Caverna
e
del Ponte Sospeso

Ivano, Gianni e Nicola,
trovandosi sul Sospeso Ponte della vita
vedendo dall'alto delle ombre
muoversi e parlare,
cominciarono a filosofeggiare...

"Si immaginino dei prigionieri che siano stati incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di una caverna. Non solo le membra, ma anche testa e collo sono bloccati, in maniera che gli occhi dei malcapitati possano solo fissare il muro dinanzi a loro. [...] Lungo questa strada sia stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone. Le forme proietterebbero la propria ombra sul muro e questo attrarrebbe l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro.
Mentre un personaggio esterno avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (si ricordi che sono incatenati fin dall'infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre "parlanti" come oggetti, animali, piante e persone reali.
Si supponga che un prigioniero venga liberato dalle catene e sia costretto a rimanere in piedi, con la faccia rivolta verso l'uscita della caverna: in primo luogo, i suoi occhi sarebbero abbagliati dalla luce del fuoco ed egli proverebbe dolore. Inoltre, le forme portate dagli uomini lungo il muretto gli sembrerebbero meno reali delle ombre alle quali è abituato; persino se gli fossero mostrati quegli oggetti e gli fosse indicata la fonte di luce, il prigioniero rimarrebbe comunque dubbioso e, soffrendo nel fissare il fuoco, preferirebbe volgersi verso le ombre".

martedì 17 agosto 2010

17 08 2010

Visita al Nuraghe Seruci. Gonnesa.

Il viaggio prosegue nella memoria di Pietra. Pietra nascosta, eppur ovunque presente. Celata ai vacanzieri marini sguardi, si concede a chi si sofferma ma non a chi corre, a chi Vede e non solo guarda. Privilegio dei pochi, tesoro da riconoscere nell’anima, prima che da riscoprire dalla terra. Strato su strato, centimetro su centimetro, sudore su sudore, viene fuori Storia, compagna di Pietra. La nostra storia, antica, dimenticata, eccola, dalla terra dell’oblio nuovamente liberata. Pietra dei Millenni, sotto gli sguardi di tutti, Vista dai pochi, dimenticata dai tanti, palpitante muto racconto. Inconcepibili ritardi, intollerabili silenzi. Indizi vari, sparsi nel territorio: Domus de Janas, Tombe dei Giganti, Templi a Pozzo o Pozzi Sacri; densi, fitti, onnipresenti, Sardo umano paesaggio, Simboli. Fuoriescono, Le Pietre. Spoglie, essenziali, Iceberg. Rocciose testimonianze dell’ieri, memorie presenti nei cuori, se non nelle menti, dell’oggi. Sguardi di Bronzo, tesori di pietra, guida delle genti, degli Uomini riferimento, dei vigliacchi blando paravento, è sulla Storia il nostro basamento. Uomini: delle Torri costruttori, degli amici protettori, dei nemici distruttori. Forgiati nella Pietra, i comuni destini dell’ieri si intrecciano con l’oggi. Dea Madre, Madre Terra, Ospitale e Ostile, Maestra di sapienza, nel ritorno a te, sola speranza.