La Grotta della Vipera
La Grotta della Vipera è un monumento funebre di epoca romana, risalente al periodo compreso tra la fine del I° ed il II° secolo dopo Cristo, scavato interamente nella roccia ai piedi del colle di
"Tuvixeddu".
Esso è la testimonianza più importante della necropoli occidentale della Karales romana. Per i romani la morte aveva un significato particolarmente nefasto. Per questo motivo i luoghi di sepoltura sorgevano lontano dal centro abitato, nelle vie d'accesso alla città.
Il sepolcro fu dedicato dal romano Lucio Cassio Filippo alla moglie Atilia Pomptilla. La leggenda narra che, ammalatosi gravemente L. C. Filippo, la donna pregò gli dei così ardentemente da riuscire ad ottenere la salvezza del marito, morendo al suo posto. Fu così eretto questo tempietto sepolcrale nel quale le spoglie di Pomptilla furono deposte; numerose e suggestive poesie ne ricordano la storia. Il nome “Grotta della Vipera”, già nota nel Seicento come Cripta serpentum, ha origine proprio dai fregi dell’architrave: due serpenti, simbolo della vita eterna e della fedeltà coniugale.
Ma la Grotta della Vipera, più che per la struttura, è importante per le iscrizioni con le quali sono arricchite le sue pareti: sono dodici poesie, alcune in greco ed altre in latino, che con riferimenti mitologici e letterari esaltano la figura di Pomptilla e il suo amore coniugale.
Ne riportiamo alcuni tra i più poetici, tradotti dal greco:
"Possano o Pomptilla queste tue ceneri |
fecondate dalla rugiada |
essere trasformate in gigli ed in |
verdi fronde ove sbocci la rosa |
|
e risaltino il profumato zafferano ed il |
semprevivo amaranto. |
Possa tu diventare ai nostri occhi |
il fiore della primavera |
affinché abbia come Narciso, |
questo oggetto di lacrime eterno. |
Ma se Pomptilla sacrificò se stessa |
per l'amato sposo, Filippo, vivendo suo malgrado, |
brama ardentemente di vedere presto riunita |
la sua anima a quella |
della più dolce delle spose". |
Il nome
"Grotta della Vipera", deriva dai due serpenti, scolpiti nell'architrave, che simboleggiano la fedeltà coniugale ed il trasporto amoroso anch'esso insito nel significato simbolico attribuito dagli antichi alla figura del serpente.
Il valore e la suggestione del luogo furono riconosciuti ampiamente già nel secolo scorso quando famosi studiosi sardi le dedicarono particolare attenzione, ma è Alberto La Marmora che dobbiamo ringraziare se noi, ancora oggi, la possiamo visitare: infatti, nel 1822 impedì che venissero fatte brillare le mine poste in prossimità della Grotta, durante i lavori per la realizzazione della strada Cagliari-Sassari.
Il nome "Grotta della Vipera", deriva dai due serpenti, scolpiti nell'architrave, che simboleggiano la fedeltà coniugale ed il trasporto amoroso anch'esso insito nel significato simbolico attribuito dagli antichi alla figura del serpente, e non dalla presenza di serpenti, che infestavano il luogo, come sosteneva un dicerìa molto diffusa nei secoli passati.
All'interno della grotta si aprono due passaggi sotterranei sui quali la fantasia popolare ha intrecciato varie leggende. Una racconta che percorrendo uno dei due cunicoli si arriva ad un tesoro, mentre l'altro porterebbe a sicura morte il malcapitato che vi si avventura. In realtà i due cunicoli conducono entrambi ad un vicolo cieco, anche se molti anziani del quartiere continuano a sostenere che attraverso questi passaggi sotterranei si arriva in cima al colle di Tuvixeddu.
Al lato del mausoleo funebre di Atilia Pomptilla, ci sono alcuni colombari, scavati nella parete rocciosa, in cui erano collocate le urne contenenti le ceneri di diversi defunti. Questo colombario è noto col nome di Tomba di Berillio. La Grotta venne salvata da sicura distruzione da Alberto Lamarmora nel 1822, quando, durante la costruzione della strada Cagliari - Sassari (la Carlo Felice o 131), incorse seriamente nel pericolo di "saltare in aria" a causa delle mine fatte brillare nel corso dei lavori, che non risparmiarono (ahimé) molte altre tombe della necropoli occidentale della Carales romana. Tutta la collina, lungo il pendio che si affaccia sul viale Sant'Avendrace, era disseminata di tombe romane. Alcune di esse si conservano ancora, nascoste dalle costruzioni moderne ed in stato di profondo degrado, causato dal tempo e dall'incuria dell'uomo. Lo Spano nell'ottocento aveva potuto ammirare le opere "da cui si può argomentare la grandezza dell'antica Cagliari", e ci ha lasciato una testimonianza scritta di ciò che altrimento oggi non potremmo nemmeno immaginare. Egli, nella sua Guida della città e dintorni di Cagliari, descrive con dovizia di particolari diverse sepolture tra le quali la cosiddetta Tomba di Rubellio. La Tomba di Rubellio è un colombario, posto all'incirca all'altezza della chiesa di Sant'Avendrace, che Cassio Rubellio fece scavare nella roccia del colle in ricordo delle sue due mogli Marcia Eliade e Cassia Sulpicia Crassilla. La lapide scolpita sul frontone d'ingresso riportava queste parole:
C. Rubellius Clyteus Marciae L. F. Heliadi. Cassiae Sulpiciae C. F. Crassilae. Conjugibus carissimis Posterisque suis. Qui legis hunc titulum mortalem te esse memento
(Tu che leggi questa iscrizione ricordati che sei mortale)
Il colombario era molto bello e vi si accedeva attraverso una scalinata scavata a semicerchio, già danneggiata ai tempi dello Spano. Attualmente, purtroppo, è difficilmente accessibile.